Wikileaks svela il pasticciaccio Dal Molin
A Vicenza rabbrividiscono. I cablo inviati da Roma nel 2009 dall’ex ambasciatore degli Stati Uniti Spogli al Segretario di Stato e svelati da Wikileaks scoprono tutti gli altarini della vicenda Dal Molin, base militare americana in via di creazione all’interno del perimetro comunale di Vicenza e di cui si parla dai tempi del breve governo Prodi. Wikileaks svela cose note e assoluti inediti, sui quali la gente vicentina, sia quella a favore che quella contro, si sta interrogando con vistosa preoccupazione.
UN PROGETTO COME DIVIDENDO. Primo punto, a suo modo inedito: i dispacci ufficiali svelano quanta importanza sia stata riservata dagli americani a questo progetto militare, importanza che le fonti ufficiali dei ministeri degli esteri italiani – di sinistra o di destra – avevano sempre minimizzato. È talmente importante il Dal Molin che lo si invoca, da parte di Spogli, come dividendo che l’America percepisce sul fronte totale dei rapporti con l’alleato Italia, necessario e sufficiente a controbilanciare «declino economico, idiosincrasie politiche, e atteggiamenti dannosi e clowneschi del presidente Berlusconi».
ITALIA STRATEGICA PER L'AFRICOM. Secondo punto, decisamente inedito: «Il territorio italiano (leggi: Dal Molin, Vicenza) sarà strategico per l’Africom (United States African Command)» con i bombardieri di stanza proprio a Vicenza. Questa è una novità assoluta per i vicentini. Ai quali era stato detto che il nuovo complesso militare Usa avrebbe portato ricchezza e lavoro, e niente bombe.
UN ARSENALE MILITARE A VICENZA. Terzo punto, senza tante storie: «Per le forze Usa, l’Italia rappresenta una piattaforma geostrategica unica in Europa, e consente di raggiungere facilmente zone a rischio in tutto il Medio Oriente, l’Africa e l’Europa. E a causa di questa posizione l’Italia (leggi: Dal Molin, Vicenza) è la sede del più completo arsenale militare – 173 brigata aerotrasportata e Global Hawk – di cui noi disponiamo al di fuori del territorio degli Stati Uniti». Parole di ambasciatore in documento riservato. I vicentini leggono e pensano: «Cose del genere le avevamo sentite solo nei comizi dei No Dal Molin più o meno. Qui siamo precisi. È una gelida verità: per merito di Wikileaks, finalmente sappiamo che a Vicenza arriveranno i cacciabombardieri strategici per le guerre a venire. Strano: nessuno ce lo aveva detto».
La storia del progetto vicentino
La vicenda Dal Molin è nota, ma a livello nazionale non troppo. Il nuovo centro militare Usa di Vicenza è la conseguenza di un progetto militarizzato al cento per cento che sta crescendo (i lavori sono iniziati e in buona fase di avanzamento) nel comune vicentino a un chilometro e 300 metri in linea d’aria dai tesori architettonici palladiani, protetti dall’Unesco, Teatro Olimpico e Palazzo della Ragione, su un terreno un tempo occupato, in parte, dall’aeroporto Dal Molin. Il terreno ha un’estensione ragguardevole: 700 mila metri quadrati e ospiterà strutture militari e logistica delle truppe della Setaf. Il complesso delle palazzine e delle strutture murarie occuperà 350 mila metri cubi.
UNA CASERMA IN CITTÁ. A Vicenza c’è già un comando militare americano Setaf, situato in un’estensione di altri 700 mila metri quadrati di terreno dal 1956, la caserma Ederle, diventata un tutt’uno con la città, e la cui componente psicologica, di occupazione militare latente, di incontro fra alieni, è stata rappresentata egregiamente da un grande scrittore vicentino, Goffredo Parise, con un racconto lungo di eccezionale poesia, Gli americani a Vicenza (Scheiwiller e poi Mondadori).
La città aveva vissuto con spirito passivo, ma critico l’invasione delle truppe americane nel 1956 (così la definì Parise) ma allora c’era la Guerra fredda e le cose più scomode si assimilavano in fretta. La naturale mitezza dei vicentini, cattolici osservanti e democristiani, ha consentito ai soldati americani di inserirsi nella città del Palladio senza traumi, restandoci (bene) per oltre mezzo secolo.
Ma questo nuovo fortilizio militare voluto dagli Stati Uniti, ispirato ai loro più recenti bisogni di guerra al terrorismo medio orientale, promulgato qualche anno fa da un timidissimo governo Prodi, nato nella più profonda incertezza giuridica e politica, a distanza di oltre mezzo secolo dalla nascita della ‘gloriosa’ caserma Ederle, rende impossibile un bilancio positivo della situazione.
LE PAURE DEI CITTADINI. Vicenza si sente città a rischio. Prima di tutto, fin dagli albori, è mancata una corretta informazione da parte dell’ente pubblico, locale e nazionale. L’area su cui la brigata aerotrasportata Usa 173 andrà a sistemarsi è di proprietà demaniale. Qualsiasi sviluppo edilizio avrebbe dovuto passare attraverso un nuovo piano regolatore del comune di Vicenza. Così non è stato.
All’inizio il delta giuridico dei provvedimenti era lacunoso e confuso. Poteva esserci un nuovo trattato internazionale fra Usa e Italia che ne stabilisse la concessione superando a volo d’uccello il problema demaniale. Ma gli americani volevano che il terreno del Dal Molin a stelle e strisce fosse territorio degli Stati Uniti d’America: e questo in tempi rapidi era legalmente impossibile. Ci sarebbe voluta una legge straordinaria del tipo di quella che permise nel 1956, “ai palombari alieni americani” evocati da Parise di impossessarsi della caserma Ederle e di tutta la spalla est della città (che infatti sono “territorio degli Stati Uniti d’America” e il 4 luglio rispettano la festa nazionale).
Un commissario ad acta per accontentare gli Usa
Ma l’impossibile, se la volontà e i bisogni sono quelli evocati da Spogli (e lo sono), può diventare possibile. Bisognava trovare una scappatoia. Cosa fece l’Italia per rendersi servizievole ai bisogni dell’importante alleato? Si è inventata uno stratagemma da perfetto Azzeccagarbugli.
Prima ha inventato un commissario ad acta, che si chiama Paolo Costa e che fu anche sindaco di Venezia per il centro sinistra.
Costa si doveva armare di scudo e doveva parare tutti i colpi da qualunque parte venissero.
COSTA IL PARAURTI. Giustificò ogni progetto degli americani. Addirittura evitò di informare la città sul progetto urbanistico (detto “delle palazzine”) che fu pubblicato da una rivista americana on line prima che il comune lo avesse ricevuto ufficialmente. Il suo compito è stato quello del paraurti istituzionale: e infatti l’ambasciatore Spogli, nei suoi dispacci, lo cita e lo loda.
E infine, per consentire al progetto di vincere al Tar sui ricorsi di contenuto giuridico ineccepibile presentati dai No Dal Molin, si è inventato il pasticcio giuridico supremo: il Dal Molin non è che un’estensione della caserma Ederle: se questa è extraterritoriale, anche il Dal Molin può esserlo.
BUGIE PRO USA. È un’estensione giuridica fasulla essendo i due complessi diversi sia per destinazione sia per tipologia militare, ma soprattutto distano fra loro sei chilometri in linea d’aria e una quindicina percorrendo la rete stradale cittadina. I lavori sono già a buon punto, e Vicenza trema. Una città di soli 108 mila residenti, con un centro storico piccolo, ma preziosissimo, stretta da est e da nord da due complessi militari che, chiavi in mano, potranno ospitare 12 mila persone fra graduati e civili, territorio degli Stati Uniti d’America a vegliare sulla sicurezza dell’Europa contro tutti i terrorismi oggi più dannati.
Vicenza, città del Palladio,«il più completo arsenale militare di cui disponiamo al di fuori del territorio degli Stati Uniti». Parole di Spogli.
Fonte: http://www.lettera43.it/