Lunedì 28 Giugno 2010
Una volta l’Italia aveva il futurismo. Poi il razionalismo. Adesso sono gli anni dell’incompiutismo. Ogni epoca ha uno stile architettonico che ne riflette lo spirito.
Per studiare “l’incompiutismo” sono arrivati nel nostro Paese esperti delle università di mezzo mondo: da Damasco a New York, passando per Barcellona. Una notizia che farebbe accendere una scintilla di orgoglio patriottico, visto che gli azzurri del pallone finora ci hanno scaldato poco i cuori. Poi, però, a scorrere il catalogo delle opere del nuovo stile viene un brivido. A richiamare gli studiosi di mezzo mondo sono le opere pubbliche incompiute sparse in tutta la penisola: piscine, caserme, scuole lasciate a metà per mancana di fondi o di permessi. O magari stoppate da inchieste giudiziarie.
Tante, così tante, che da casi di cronaca sono diventati un fenomeno di costume e, infine, uno stile architettonico. Ecco “l’incompiutismo”. E dopo anni di studi arrivano addirittura le prime mostre: il primo appuntamento è fissato a Giarre dal 2 al 5 luglio. A settembre, invece, toccherà a Marsala dove dal 9 al 20 settembre si terrà l’Ephemeral Arts Connection Workshop. Arti Effimere, un modo gentile, artistico, per ribattezzare i mostri di cemento monchi che popolano le nostre città. Per fare un passo oltre la denuncia. Poi “l’incompiutismo” approderà addirittura alla Biennale di Architettura di Venezia.
Non solo. Dopo i progetti spontanei, inconsapevoli, cominciano a fiorire le costruzioni, diciamo così, di scuola. Case deliberatamente ispirate allo stile “incompiuto”. No, non una semplice trovata, ma un’idea nata prima dal desiderio di denuncia, poi dalla speranza di trasformare in un richiamo perfino gli esempi squallidi del malcostume urbanistico e politico italiano. Insomma, se le costruzioni ormai coperte di edera ed erbacce non diventeranno mai scuole o viadotti, che almeno acquistino un’altra funzione. Magari mettendoci al cospetto dei nostri errori.
La novità dello stile Made in Italy sono i nomi dei suoi rappresentanti: gli incompiutisti raccolgono architetti italiani e stranieri, documentaristi e perfino giornalisti di inchiesta.
Il primo passo della scuola viene compiuto dal collettivo artistico Alterazioni Video. Dopo aver letto decine di denunce, di articoli di cronaca, si mette in testa una strana idea: censire tutte le incompiute del nostro Paese cresciute soprattutto tra gli anni Settanta e Ottanta. Presto si rivela un compito ciclopico: sono centinaia. La cartina dell’Italia si riempie di pallini blu, più radi al Nord, poi sempre più fitti scendendo verso la Sicilia. Alla fine i ragazzi di Alterazioni Video tracciano un bilancio: 395 incompiute, 160 soltanto in Sicilia.
Il record spetta a Giarre. Qui, ai piedi dell’Etna, ormai le incompiute sono parte del paesaggio. Ci sono le case basse, dai colori chiari, che ricordano il sole cocente della Sicilia. C’è il pavimento scuro di basalto che si accende di un fuoco freddo con le rare piogge. E ci sono i dodici progetti abbandonati in corso d’opera. Buoni per strappare qualche voto e poi lasciati al loro destino. Così nell’ambito dello stile incompiutista c’è chi potrebbe individuare diverse correnti: quella “sportiva” della piscina provinciale oppure quella “popolare” del centro polifunzionale e del mercato dei fiori. Altri ricordano la corrente “sociale” della casa per anziani, del parco Chico Mendez con la sua bambinopoli e del teatro comunale (con i suoi sessant’anni è forse uno dei primi esempi della scuola). Infine ecco il ciclo “surrealista”: la pista per automodellismo e il gigantesco campo da polo che sovrasta la città.
“Ogni opera ha una sua storia”, racconta Giacomo Di Girolamo, uno dei migliori giornalisti di inchiesta siciliani, che sull’argomento ha scritto addirittura uno studio per l’università siriana di Damasco. Aggiunge: “Alcune sono state abbandonate prima della fine dei lavori per il fallimento dell’impresa. Altre dopo essere state concluse non hanno mai vissuto la presenza di un essere umano e sono state lasciate morire. Infine ci sono i cantieri perenni”.
Chissà, forse qualcuno vedrà nell’incompiutismo un filone architettonico dell’esistenzialismo, una rappresentazione in cemento dell’inanità degli sforzi umani. Oppure il desiderio di bandire dalle nostre esistenze la parola “fine” lasciando una porta sempre aperta sul futuro.
Ma il collettivo di Alterazioni Video (Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri) non si è fatto prendere dalla rassegnazione. “Ci si potrebbe fare un percorso turistico”, si sono detti. Detto fatto: Giarre è diventata il “Parco archeologico dell’incompiuto siciliano”. Qui si terrà il primo Festival. Tre giorni in cui artisti, architetti, giornalisti, si confronteranno sul tema.
Dopo Giarre toccherà a Marsala: “Qui, c’è un grande esempio della scuola, il monumento ai garibaldini per celebrare il loro sbarco in Sicilia. Un’apoteosi dell’incompiuto: un colosso avviato nel 1986 da Craxi e bloccato dopo due anni perché abusivo”, racconta Di Girolamo.
Qui a settembre si terrà il festival organizzato dai progettisti Stardust ed Elisava, l’istituto di design di Barcellona, la patria del monumento per eccellenza all’incompiuto: la Sagrada Familia. Certo, dietro a quei pinnacoli vertiginosi c’è la penna di Anton Gaudì, qui magari la meno nota di geometri e architetti dalla firma facile. Però il genio è proprio questo: trasformare in arte anche il brutto.
Intanto la scuola comincia a fare proseliti. Nella campagna di Marsala l’architetto Francesco Ducato ha progettato “Casa 4”, un’abitazione “effimera e sostenibile”, volutamente incompiuta: sulla facciata (grigio cemento, ovviamente) si affacciano finestre abbandonate a metà. Il piano terra è abitabile, quello superiore ha come tetto il cielo.
Così perfino i palazzi morti riacquistano una vita. E anche l’architettura, con ironia, diventa denuncia. Ecco l’incompiutismo, che riflette lo spirito della nostra Italia: un Paese incompiuto.
Ferruccio Sansa - Il Fatto Quotidiano
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