di Alessandro De Pascale
WIKILEAKS. Il sottosegretario Letta chiese «disperatamente» a Washington di «riprendersi» 64 barre radioattive di una centrale Usa stoccate a Rotondella. Poi provò a mandarle altrove.
«Il nucleare è più pericoloso da morto che da vivo», denunciò nel gennaio 2010, alla Commissione ecomafie, il procuratore Nicola Maria Pace. Ancora di più se un Paese da l’impressione di essere incapace di gestire l’eredità atomica. Nell’impianto Itrec di Rotondella (Matera) tuttora sono stoccate 64 barre, più altri 2,7 metri cubi di materiale liquido, «ad alta radioattività». Secondo Pace, che per anni ha indagato sulla gestione delle scorie, si trovano «in strutture ingegneristiche di contenimento, che già vent’anni fa avevamo mostrato i segni dell’usura» con «cedimenti strutturali» che «avevano dato luogo a tre rilevanti incidenti nucleari». Mettendo a rischio «popolazione e ambiente». Dai cable segreti diffusi da Wikileaks e scritti tra il 2004 e il 2010, emerge che l’Italia ha chiesto «disperatamente» agli Stati Uniti di «riprendersi» quelle barre che sono all’Itrec da oltre 40 anni. Negli anni Settanta erano arrivate nel nostro Paese proprio dagli Usa per «esaminare la fattibilità tecnico-scientifica» del riprocessamento. Provengono dal reattore sperimentale Err della centrale Elk River (Minnesota), chiuso nel gennaio 1968 e realizzato nell’ambito di un progetto di ricerca italo-statunitense. Non possono essere trattate da nessun impianto europeo. Tanto che il decreto Marzano del 2004 sul trasferimento all’estero delle scorie, esclude esplicitamente il materiale di Rotondella. Restano così da allora in una piscina di stoccaggio e secondo il procuratore Pace «rappresentano ancora oggi il principale fattore di rischio dell’impianto».
Ne è cosciente anche il governo Berlusconi che però non è mai riuscito a trovare un soluzione. Nel febbraio 2004, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, scrive una lettera all’allora ambasciatore Usa a Roma, Ronald P. Spogli. Agli americani spiega che le barre di Rotondella sono «un problema molto importante, anche dal punto di vista psicologico, da risolvere con la massima urgenza». L’Italia, aggiunge poi Letta, si rende «disponibile a trasferire il materiale negli Usa a proprie spese, sulla base degli standard americani». Ma bisogna fare presto, perché altrimenti «saremo costretti a inviarle in Russia per i prossimi 50 anni», continua il sottosegretario. «La questione è politicamente sensibile per il premier Berlusconi - commenta l’ex ambasciatore Spogli in un successivo cable del 2006 - perché sta affrontando una dura battaglia per essere rieletto nel mese di aprile». Cosa che poi non avverrà, visto il ritorno al governo del centro-sinistra di Romano Prodi, per i successivi due anni. Gli Stati Uniti descrivono Letta come «la seconda persona più potente d’Italia e uomo chiave per curare i nostri interessi». Ma si oppongono fermamente al trasferimento delle scorie negli Usa, meno che mai in Russia. Nonostante le altre 190 barre dell’Elk River siano stoccate al Savannh River National Laboratory del Sud Carolina. Il sottosegretario Letta non ci sta e nel marzo 2006 torna alla carica con una seconda lettera, dove però chiede «se gli Stati Uniti approverebbero l’invio del materiale in India». La risposta non è nota ma quelle barre sono ancora a Rotondella.
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