L'associazione ambientalista ha commissionato uno studio sulla
vulnerabilità degli impianti atomici d'Oltralpe in caso di attacchi
terroristici. I risultati sono così evidenti che la maggior parte del
documento non può essere diffuso perché rischierebbe di rappresentare un
prezioso aiuto per eventuali attacchi. E in mattinata Greenpeace è
riuscita a entrare nel sito a 40 km da Metz e a esplodere alcuni fuochi
d'artificio
Era ancora buio quando questa mattina gli attivisti di
Greenpeace hanno scavalcato le recinzioni della centrale nucleare francese di
Cattenon, a circa cinquanta chilometri da
Metz e hanno sparato
fuochi d’artificio nei pressi della vasca di
raffreddamento, prima di essere fermati. Dimostrando in questo modo che quella, come altre
centrali francesi, sono vulnerabili rispetto al rischio di possibili
attacchi terroristici. E quella di Cattelon è una delle centrali oggetto di un rapporto commissionato da
Greenpeace e reso pubblico solo parzialmente. Per un anno e mezzo
esperti internazionali
commissionati dalla ong hanno studiato le misure di sicurezza in vigore
nel parco atomico francese e, alla fine, le hanno ritenute inadeguate.
Sono state rese pubbliche solo
5 pagine, il resto del dossier è stato giudicato ‘non pubblicabile’, perché avrebbero addirittura potuto fornire spunti a
potenziali attentatori. Il tutto nella Francia colpita più volte dal terrorismo islamico. “Le centrali sono tanto vulnerabili che a
Cattelon siamo riusciti a entrare – spiega a
ilfattoquotidiano.it Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia – ed è per questo che si è deciso di non pubblicare interamente le
conclusioni del rapporto commissionato da
Greenpeace Francia a un gruppo di esperti di sicurezza nucleare e terrorismo”.
Arriva così la conferma alla notizia scritta dal quotidiano Le Parisien e riportata da LifeGate sulla scelta di rendere pubblica solo una parte del dossier, optando per la
riservatezza delle informazioni più sensibili.
IL RAPPORTO “NON PUBBLICABILE” – Il direttore generale dell’organizzazione non governativa
Jean-François Julliard ha consegnato invece le copie integrali del documento solo a sette dirigenti di
istituzioni direttamente coinvolte nella
supervisione del parco atomico francese, ossia l’Autorità per la sicurezza nucleare (
Asn), l’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (
Irsn) e il Comando speciale militare per la sicurezza nucleare (
Cossen). A redarre il rapporto, che fa luce sulle carenze dei sistemi di sicurezza e lancia l’allarme sia alla
politica sia a
Edf, l’azienda pubblica che gestisce le 19 centrali nucleari presenti in Francia, sono stati
sette esperti, tre francesi, una tedesca, due britannici e un
americano. “Nel rapporto – spiega Onufrio – si affronta l’
analisi di rischio in generale e poi nel dettaglio si parla di alcune centrali. I dati forniti non sono riservati, ma le
analisi degli esperti in base a quelle
informazioni potrebbero persino tornare utili a
malintenzionati. E non è certo questa la nostra intenzione”.
LE CENTRALI NON PROTETTE – Il rapporto degli
esperti ha messo in evidenza come le centrali non rispondono agli
standard di sicurezza attuali. Nello studio
Greenpeace ha fatto fare anche i conti. Secondo l’organizzazione ambientalista, per scongiurare possibili attacchi terroristici alle
62 riserve e alle strutture che necessitano interventi intorno ai 58 reattori attivi in Francia, servirebbero tra
140 e 222 miliardi di euro. “Intanto c’è un problema che riguarda le
strutture – sottolinea Onufrio – perché alcune
risalgono a 20, 30 e 40 anni fa, quando i rischi erano diversi rispetto a quelli di oggi e la
minaccia terroristica non era certo una priorità. All’epoca l’unico rischio preso in
considerazione era quello di un eventuale incidente”. E se gli edifici dove si trovano i reattori sono protetti dai
recinti, non è così per le piscine di
raffreddamento. Così le riserve di
combustibile usato sono facilmente accessibili. La quantità di combustibile che può essere stoccato all’interno di
ciascuna piscina
dipende dal progetto, ma la maggior parte di esse può contenerne in
misura pari a diverse volte la quantità presente in un reattore nucleare
in
esercizio. “Di norma – spiega il direttore esecutivo di
Greenpeace Italia – si stocca il triplo del
combustibile utilizzato da una centrale”. Così queste
strutture contengono la maggior parte degli elementi
radioattivi di ciascuna centrale. “D’altro canto – aggiunge Onufrio – anche nel caso di
Fukushima, le piscine hanno rappresentato un problema e, in generale, con le misure di sicurezza attuali, il
pericolo è concreto se si ha a che fare con persone che sanno dove mettere le
mani”.
Dalla
Edf nessuna presa di posizione, se non l’elenco dei sistemi di
sicurezza in vigore, che per
Greenpeace
sono insufficienti. Sarà che in queste ore l’azienda pubblica che
gestisce le centrali francesi è alle prese con un altro problema di
sicurezza e con altri
5 reattori verso il fermo, a due settimane dallo stop alla centrale di
Tricastin, per i pericoli che potrebbero verificarsi in caso di
terremoto. La decisione è stata presa dopo un’ispezione dei
circuiti di
pompaggio dell’acqua in decine di reattori. I tubi sottili potrebbero causare
allagamenti nelle centrali e rappresentare un rischio in caso di
sisma. Da qui il via alle operazioni per la messa in sicurezza.
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