mercoledì 18 dicembre 2013
lunedì 2 dicembre 2013
Lo sfogo di un chirurgo italiano: “La medicina ufficiale non cura… lenisce i sintomi generando nuove malattie”
«La
medicina “ufficiale” è falsa ed è solo uno strumento di potere delle
Multinazionali della Salute. Essa è incapace di curare le malattie, al
massimo lenisce i sintomi apparenti spostandoli su altri organi e
generando nuove malattie, che portano il paziente a un circolo vizioso
di dipendenza dal sistema sanitario.»
La denuncia arriva nientemeno che da un chirurgo ortopedico con vent’anni d’esperienza, di cui quindici in ospedale. Lui è il dottor Giuseppe De Pace e la sua voce è uno sfogo nato da situazioni vissute in prima persona, durante l’esercizio della sua professione, e che lo hanno portato a riflettere sulla metodologia della medicina così come oggi noi la viviamo (e la subiamo).
De Pace ha visto morire un bambino di undici anni, affetto da linfoma non-Hogkin, in seguito a una terapia che prevedeva la chemio. «La letteratura internazionale parla di sopravvivenza dell’80% con i nuovi protocolli chemioterapici. Notizia molto confortante anche per me che vivevo per la prima volta da vicino questa esperienza», racconta il dottore. Che poi aggiunge: «L’equivoco nasce dal fatto che se il paziente muore dopo un mese per insufficienza renale o epatica, superinfezioni, etc provocai chiaramente dalla chemio, per la statistica non è morto di linfoma!»
Lui è il dottor Giuseppe De Pace e il suo è uno sfogo, pubblicato in una lettera aperta sul web, nato da situazioni vissute in prima persona.
Questo perché la visione della malattia “ufficiale” (che poi è più giovane di quella “alternativa”, come l’agopuntura, ad esempio, che ha oltre 5000 anni di storia) tratta il corpo come sistema biochimico, dove a ogni causa segue una conseguenza (il sintomo). Il farmaco serve quindi ad eliminare il sintomo, senza tuttavia risalire alla causa. Come dice il dottor De Pace: «Il concetto di salute non è la non-malattia, come ritiene la medicina ufficiale, ma è un perfetto equilibrio tra mente e corpo.»
In sostanza, il corpo rimane malato, ma la malattia si sposta altrove.
Prendiamo il caso della chemio, ad esempio. La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente. Ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente! La chemio, in sostanza, distrugge anche l’unica cosa che può salvarci la vita!
Altro dato interessante: la chemio non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene. Al massimo potrà eliminare dal 60% all’80% (nel più ottimistico dei casi!) delle cellule cancerogene. Il “resto” del lavoro è svolto dal nostro sistema immunitario.
Il bambino affetto da linfoma non-Hogkin morì. Egli è una delle tante vittime della medicina “ufficiale”. Infatti, secondo il Journal of the American Medical Association, le malattie iatrogene (le malattie dovute a terapie mediche) sono al terzo posto tra le cause di morte negli Stati Uniti. Più di 120.000 persone muoiono ogni anno a causa dei famosi “effetti collaterali” dei medicinali.
Lo
scienziato e ricercatore Bruce Lipton spiega ancora meglio cosa siano
questi effetti “collaterali”. «Ogni sostanza che immettiamo nel nostro
corpo interagisce con determinate proteine “funzionali”, le quali
possono determinare le funzioni di organi o distretti completamente
diversi tra loro. Se prendiamo ad esempio una pastiglia per il cuore, i
suoi principi attivi possono interagire anche con il sistema nervoso
centrale.» Se quindi la nostra pastiglia potrà alleviare i “sintomi”
cardiaci, allo stesso tempo rischierà di inficiare determinate funzioni
nervose.
Questo accade proprio perché la medicina “ufficiale” agisce a livello biochimico e non a livello biofisico. Grazie alla fisica quantistica (ma i cinesi ce lo avevano insegnato già 5000 anni fa!) oggi sappiamo che tutto è energia (negli articoli di questo blog lo abbiamo spiegato più volte) e – di conseguenza – la nostra salute dipende da un corretto equilibrio energetico.
Questa è la visione olistica (e non allopatica), che vede l’uomo e ogni essere vivente nella sua totalità.
Il Metodo RQI (Riequilibrio quantico integrato) nasce proprio per offrire alle persone un approccio olistico al proprio stato di benessere. Così come l’acqua può presentarsi allo stato liquido o gassoso (vapore) o solido (ghiaccio), a secondo della quantità di “energia” presente nelle sue molecole, allo stesso l’uomo è visto come un soggetto costituito di materia, energia e spirito. La medicina “ufficiale” tratta l’uomo solo come qualcosa di materiale, di chimico, tra l’altro con un’attenzione sempre troppo miope: se hai un problema agli occhi, vai dall’oculista; se hai un problema al ginocchio, vai dall’ortopedico.
È la stessa conclusione a cui è giunto il dottore Giuseppe De Pace, che abbandonando la medicina “ufficiale” e testando su se stesso un approccio olistico, è guarito da alcune patologie croniche semplicemente riequilibrando il proprio sistema energetico:
Fonti:
http://metodorqi.blogspot.it
http://campagnadisobbedienzaciviledimassa.blogspot.it/2013/09/lo-sfogo-di-un-chirurgo-italiano-la.html
La denuncia arriva nientemeno che da un chirurgo ortopedico con vent’anni d’esperienza, di cui quindici in ospedale. Lui è il dottor Giuseppe De Pace e la sua voce è uno sfogo nato da situazioni vissute in prima persona, durante l’esercizio della sua professione, e che lo hanno portato a riflettere sulla metodologia della medicina così come oggi noi la viviamo (e la subiamo).
De Pace ha visto morire un bambino di undici anni, affetto da linfoma non-Hogkin, in seguito a una terapia che prevedeva la chemio. «La letteratura internazionale parla di sopravvivenza dell’80% con i nuovi protocolli chemioterapici. Notizia molto confortante anche per me che vivevo per la prima volta da vicino questa esperienza», racconta il dottore. Che poi aggiunge: «L’equivoco nasce dal fatto che se il paziente muore dopo un mese per insufficienza renale o epatica, superinfezioni, etc provocai chiaramente dalla chemio, per la statistica non è morto di linfoma!»
Lui è il dottor Giuseppe De Pace e il suo è uno sfogo, pubblicato in una lettera aperta sul web, nato da situazioni vissute in prima persona.
Questo perché la visione della malattia “ufficiale” (che poi è più giovane di quella “alternativa”, come l’agopuntura, ad esempio, che ha oltre 5000 anni di storia) tratta il corpo come sistema biochimico, dove a ogni causa segue una conseguenza (il sintomo). Il farmaco serve quindi ad eliminare il sintomo, senza tuttavia risalire alla causa. Come dice il dottor De Pace: «Il concetto di salute non è la non-malattia, come ritiene la medicina ufficiale, ma è un perfetto equilibrio tra mente e corpo.»
In sostanza, il corpo rimane malato, ma la malattia si sposta altrove.
Prendiamo il caso della chemio, ad esempio. La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente. Ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente! La chemio, in sostanza, distrugge anche l’unica cosa che può salvarci la vita!
Altro dato interessante: la chemio non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene. Al massimo potrà eliminare dal 60% all’80% (nel più ottimistico dei casi!) delle cellule cancerogene. Il “resto” del lavoro è svolto dal nostro sistema immunitario.
Il bambino affetto da linfoma non-Hogkin morì. Egli è una delle tante vittime della medicina “ufficiale”. Infatti, secondo il Journal of the American Medical Association, le malattie iatrogene (le malattie dovute a terapie mediche) sono al terzo posto tra le cause di morte negli Stati Uniti. Più di 120.000 persone muoiono ogni anno a causa dei famosi “effetti collaterali” dei medicinali.

Questo accade proprio perché la medicina “ufficiale” agisce a livello biochimico e non a livello biofisico. Grazie alla fisica quantistica (ma i cinesi ce lo avevano insegnato già 5000 anni fa!) oggi sappiamo che tutto è energia (negli articoli di questo blog lo abbiamo spiegato più volte) e – di conseguenza – la nostra salute dipende da un corretto equilibrio energetico.
Questa è la visione olistica (e non allopatica), che vede l’uomo e ogni essere vivente nella sua totalità.
Il Metodo RQI (Riequilibrio quantico integrato) nasce proprio per offrire alle persone un approccio olistico al proprio stato di benessere. Così come l’acqua può presentarsi allo stato liquido o gassoso (vapore) o solido (ghiaccio), a secondo della quantità di “energia” presente nelle sue molecole, allo stesso l’uomo è visto come un soggetto costituito di materia, energia e spirito. La medicina “ufficiale” tratta l’uomo solo come qualcosa di materiale, di chimico, tra l’altro con un’attenzione sempre troppo miope: se hai un problema agli occhi, vai dall’oculista; se hai un problema al ginocchio, vai dall’ortopedico.
È la stessa conclusione a cui è giunto il dottore Giuseppe De Pace, che abbandonando la medicina “ufficiale” e testando su se stesso un approccio olistico, è guarito da alcune patologie croniche semplicemente riequilibrando il proprio sistema energetico:
«Sono stato operato un anno fa di lobectomia tiroidea per ipertiroidismo (!) e condannato, come d’altronde è la regola, a prendere l’Eutirox a vita. Nonostante seguissi scrupolosamente le indicazioni datemi, continuavo a soffrire di dolori muscolari agli arti e di astenia. Ho deciso di cambiare completamente la mia alimentazione (eliminando la carne e gran parte delle proteine animali, immettendo sostanze essenziali e non raffinate, combinando bene gli alimenti), ho eliminato completamente l’Eutirox e gli altri medicinali, rivolgendomi alle sostanze naturali. Il risultato è stato la scomparsa dei dolori muscolari e la normalizzazione dei valori ematici non solo tiroidei.»Una cosa ci piace sottolinearla sempre: il corpo è una macchina perfetta, e dentro di sé è già programmato per auto-guarirsi. A noi è sufficiente solo metterlo nelle condizioni di farlo. Intossinarlo con farmaci chimici che rischiano di disequilibrarlo ulteriormente non è l’unica soluzione e nemmeno la più economica o efficace.
Fonti:
http://metodorqi.blogspot.it
http://campagnadisobbedienzaciviledimassa.blogspot.it/2013/09/lo-sfogo-di-un-chirurgo-italiano-la.html
LE GRANDI AZIENDE ITALIANE IN MANO ALLE MULTINAZIONALI STRANIERE.
La pasta Buitoni e l’acqua Sanpellegrino, icioccolatini Perugina, il panettone Motta, l’Antica Gelateria del Corso e la Valle degli Ortinon sono più italiane, ma di proprietà della multinazionale svizzera Nestlé.
La francese Lactalis ha acquistato i marchi Galbani e Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Parmalat.
Agli spagnoli del marchio Agrolimen è andata la proprietà della Star, la società italiana leader nei dadi da brodo. Spagnola è anche Sos Cuetara, che ha acquistato laMinerva Oli (proprietaria del marchio Sasso), la Carapelli e, tramite la Unilever, laBertolli.
La grande distribuzione in Italia è in mano ai francesi di Carrefour, Auchan, Castorama e Leroy Merlin, Leclerc. La catena Coin, fondata nel 1916 dal veneziano Vittorio Coin, oggi appartiene alla francese Pai Partners. La Standa, fondata nel 1931 da Franco Monzino, è finita all’austriaca Billa, controllata del gruppo tedesco Rowe. La anglo-olandese Unilever ha acquistato i gelati Algida, l’olio d’oliva Bertolli (poi ceduto alla spagnola Sos Cuetara), le confetture Santa Rosa e il riso Flora.
Nel campo dei prodotti di lusso sono passati alla Lvmh di Bernard Arnault la Emilio Pucci, l’Acqua di Parma e Fendi. Il marchio Gianfranco Ferrè è stato ceduto al Paris Group di Dubai, che fa capo al magnate Abdulkader Sankari. Gucci è sotto il controllo di Ppr, Pinault-Printemps-Redoute. Valentino dal 2007 è nelle mani della britannica Permira. Fiorucci è della società giapponese Edwin International. François Henri Pinault controlla le pelletterie di Bottega Veneta e le calzature Sergio Rossi. Ad Arnault i gioielli di Bulgari.
La Safilo (Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali), fondata nel 1878, che produce occhiali per Armani, Valentino, Yves Saint Laurent, Hugo Boss, Dior e Marc Jacobs, è diventata di proprietà del gruppo olandese Hal Holding.
Nel settore della telefonia, a Milano nel 1999 era nata Fastweb, una jv tra e.Biscom e la comunale Aem che oggi fa parte del gruppo svizzero Swisscom. Nel 2000 Omnitel è passata di proprietà del Gruppo Vodafone e nel 2005 Enel ha ceduto la quota di maggioranza di Wind Telecomunicazioni al magnate egiziano Sawiris, il quale nel 2010 l’ha passata ai russi di VimpelCom.
Nel campo dell’elettrotecnica e dell’elettromeccanica nomi storici come Ercole Marelli,Fiat Ferroviaria, Parizzi, Sasib Ferroviaria e Passoni & Villa sono stati acquistati dal gruppo industriale francese Alstom, presente in Italia dal 1998.
Nel 2005 le acciaierie Lucchini spa sono passate ai russi di Severstal, mentre rimane proprietà della omonima famiglia italiana, la Lucchini rs, che ha delle controllate anche all’estero.
Fiat Avio, fondata nel 1908 e ancora oggi uno dei maggiori player della propulsione aerospaziale, è attualmente di proprietà del socio unico Bcv Investments sca, una società di diritto lussemburghese partecipata all’85% dalla inglese Cinven Limited.
Benelli, la storica casa motociclistica di Pesaro, di proprietà del gruppo Merloni, nel 2005 è passata nelle mani del gruppo cinese QianJiang per una cifra di circa 6 milioni di euro, più il trasferimento dei 50 milioni di euro di debito annualmente accumulato.
Nel 2003 la Sps Italiana Pack Systems è stata ceduta dal Gruppo Cir alla multinazionale americana dell’imballaggio Pfm Spa.
Nel 2005 il colosso italiano dell’energia Edison è passato, grazie a un’opa, a Transalpina di energia, società controllata pariteticamente dal gruppo francese Edf (Eléctricité de France) e da Delmi (controllata attraverso A2A dai comuni di Milano e di Brescia).
Nel 2011 la Loquendo, azienda leader nel mercato delle tecnologie di riconoscimento vocale, che aveva all’attivo più di 25 anni di ricerca svolta nei laboratori di Telecom Italia Lab e un vasto portafoglio di brevetti, è stata venduta da Telecom alla multinazionale statunitense Nuance, per 53 milioni di euro.
La francese Lactalis ha acquistato i marchi Galbani e Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Parmalat.
Agli spagnoli del marchio Agrolimen è andata la proprietà della Star, la società italiana leader nei dadi da brodo. Spagnola è anche Sos Cuetara, che ha acquistato laMinerva Oli (proprietaria del marchio Sasso), la Carapelli e, tramite la Unilever, laBertolli.
La grande distribuzione in Italia è in mano ai francesi di Carrefour, Auchan, Castorama e Leroy Merlin, Leclerc. La catena Coin, fondata nel 1916 dal veneziano Vittorio Coin, oggi appartiene alla francese Pai Partners. La Standa, fondata nel 1931 da Franco Monzino, è finita all’austriaca Billa, controllata del gruppo tedesco Rowe. La anglo-olandese Unilever ha acquistato i gelati Algida, l’olio d’oliva Bertolli (poi ceduto alla spagnola Sos Cuetara), le confetture Santa Rosa e il riso Flora.
Nel campo dei prodotti di lusso sono passati alla Lvmh di Bernard Arnault la Emilio Pucci, l’Acqua di Parma e Fendi. Il marchio Gianfranco Ferrè è stato ceduto al Paris Group di Dubai, che fa capo al magnate Abdulkader Sankari. Gucci è sotto il controllo di Ppr, Pinault-Printemps-Redoute. Valentino dal 2007 è nelle mani della britannica Permira. Fiorucci è della società giapponese Edwin International. François Henri Pinault controlla le pelletterie di Bottega Veneta e le calzature Sergio Rossi. Ad Arnault i gioielli di Bulgari.
La Safilo (Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali), fondata nel 1878, che produce occhiali per Armani, Valentino, Yves Saint Laurent, Hugo Boss, Dior e Marc Jacobs, è diventata di proprietà del gruppo olandese Hal Holding.
Nel settore della telefonia, a Milano nel 1999 era nata Fastweb, una jv tra e.Biscom e la comunale Aem che oggi fa parte del gruppo svizzero Swisscom. Nel 2000 Omnitel è passata di proprietà del Gruppo Vodafone e nel 2005 Enel ha ceduto la quota di maggioranza di Wind Telecomunicazioni al magnate egiziano Sawiris, il quale nel 2010 l’ha passata ai russi di VimpelCom.
Nel campo dell’elettrotecnica e dell’elettromeccanica nomi storici come Ercole Marelli,Fiat Ferroviaria, Parizzi, Sasib Ferroviaria e Passoni & Villa sono stati acquistati dal gruppo industriale francese Alstom, presente in Italia dal 1998.
Nel 2005 le acciaierie Lucchini spa sono passate ai russi di Severstal, mentre rimane proprietà della omonima famiglia italiana, la Lucchini rs, che ha delle controllate anche all’estero.
Fiat Avio, fondata nel 1908 e ancora oggi uno dei maggiori player della propulsione aerospaziale, è attualmente di proprietà del socio unico Bcv Investments sca, una società di diritto lussemburghese partecipata all’85% dalla inglese Cinven Limited.
Benelli, la storica casa motociclistica di Pesaro, di proprietà del gruppo Merloni, nel 2005 è passata nelle mani del gruppo cinese QianJiang per una cifra di circa 6 milioni di euro, più il trasferimento dei 50 milioni di euro di debito annualmente accumulato.
Nel 2003 la Sps Italiana Pack Systems è stata ceduta dal Gruppo Cir alla multinazionale americana dell’imballaggio Pfm Spa.
Nel 2005 il colosso italiano dell’energia Edison è passato, grazie a un’opa, a Transalpina di energia, società controllata pariteticamente dal gruppo francese Edf (Eléctricité de France) e da Delmi (controllata attraverso A2A dai comuni di Milano e di Brescia).
Nel 2011 la Loquendo, azienda leader nel mercato delle tecnologie di riconoscimento vocale, che aveva all’attivo più di 25 anni di ricerca svolta nei laboratori di Telecom Italia Lab e un vasto portafoglio di brevetti, è stata venduta da Telecom alla multinazionale statunitense Nuance, per 53 milioni di euro.
sabato 23 novembre 2013
Brevetto conferma che l’ASPARTAME è l’escremento dei batteri geneticamente modificati
Se come me avete un debole per i dolci e avete bisogno di un dolcificante, fate attenzione all’aspartame: è una merda.
Tutti i dolcificanti artificiali sono dannosissimi per il corpo umano,
ed in più e molti modi. Gli alimenti destinati ai diabetici stanno,
molto probabilmente, uccidendo della gente

Dopo aver letto questo articolo, probabilmente non toccherete mai più un prodotto con dolcificanti artificiali. Quando consumiamo gli alimenti trasformati, di solito, non abbiamo la minima idea di ciò che accade nel nostro corpo.
Dobbiamo prendere l’abitudine di leggere le etichette di tutto ciò che mangiamo perché gli ingredienti cattivi, o si nascondono dietro un ingannevole terminologia, o non sono tenuti ad essere elencati.
Nel 1999, The Independent ha pubblicato un articolo intitolato “l’edulcorante è fatto con batteri geneticamente modificati”, rivelando che la Monsanto ha aggiunto consapevolmente l’aspartame alle bibite che consumiamo (coca cola light, ecc), e che l’aspartame è composto da batteri geneticamente modificati. Questo rapporto, che rimane una delle prime rivelazioni sull’aspartame fatte da un giornale mainstream, ha ricevuto poca attenzione dalla sua pubblicazione (probabilmente perché le sue implicazioni sono state sottovalutate al momento) ed è caduto a lungo nel dimenticato.
Dal 1999, il mondo è diventato un pò più attento nei confronti di Monsanto e dell’aspartame, ma l’ignoranza ancora abbonda sulla genesi di quest’ultimo. Sempre più persone stanno iniziando a risvegliarsi riguardo gli effetti distruttivi dell’aspartame sulla nostra salute, ma sanno come in realtà è prodotto? Fortunatamente, un brevetto del 1981 per la produzione di aspartame è ora disponibile online (quindi chiunque può vederlo) e conferma tutto ciò che la Monsanto fu felice di dirci nel 1999, prima che la loro crescita fulminea rese necessaria una maggiore prudenza.
Il Processo Produttivo
Il brevetto, intitolato: “Processo per la Produzione di Aspartame”, riassume il processo nel seguente modo:
“Il dolcificante artificiale aspartame, un dipeptide con la formula Asp-Phe-me, viene prodotto utilizzando un micrcorganismo clonato (che merda). Un DNA che codifica la ripetizione della sequenza amminoacidica (Asp-Phe), viene inserito in un veicolo clonato che a sua volta viene introdotto in un microorganismo ospite adatto che lo accoglie. Il gruppo carbossilico gratuito del microrganismo è benzilato e poi idrolizzato per formare aspartame”.
Questo è un processo davvero inquietante:
1.) Microrganismi clonati, che il brevetto poi rivela essere geneticamente modificati, sono coltivati in vasche i cui ambienti sono su misura per aiutarli a prosperare.
2.) Vengono ben nutriti e così defecano le proteine che contengono il segmento amminoacido aspartico-fenilalanina necessaria per fare l’aspartame.
3.) Le proteine contenenti i segmenti di Asp-Phe sono ‘raccolte’ (vale a dire che gli assistenti di laboratorio raccolgono la merda dei batteri).
4.) La merda viene quindi trattata. Questo include un processo di metilazione (aggiunta di un eccesso di alcol tossico, metanolo).
Mentre il buon senso dovrebbe imporci che questo abominio non venga nemmeno lontanamente a contatto con i nostri corpi, gli autori del brevetto non facevano mistero della loro convinzione e cioé che l’aspartame costituisce un sicuro e nutriente dolcificante:
«L’aspartame non è solo più dolce del saccarosio, ma è preferibile come alimento al saccarosio. Mentre il saccarosio è poco energetico, l’aspartame è composto da aminoacidi, i mattoni delle proteine del corpo, e come altre proteine vengono suddivisi, tramite gli enzimi digestivi nello stomaco, nei suoi costituenti aminoacidi offrendo così valore nutritivo. [...] Per queste ragioni, l’aspartame detiene una significativa promessa in sostituzione dello zucchero come dolcificante”.
Quindi abbiamo un documento ufficiale che, non solo rivela la scioccante verità dietro la produzione di aspartame, ma ammette anche, e senza problemi, che è stato prodotto per il consumo di massa come sostituto del saccarosio. Pertanto, la prossima volta che qualcuno afferma che le riserve su questo dolcificante sono infondate, metteteli davanti a questo brevetto. La verità che si nasconde dietro l’aspartame è ormai esposta.
http://www.naturalnews.com/aspartame.html
Visto su...

Dopo aver letto questo articolo, probabilmente non toccherete mai più un prodotto con dolcificanti artificiali. Quando consumiamo gli alimenti trasformati, di solito, non abbiamo la minima idea di ciò che accade nel nostro corpo.
Dobbiamo prendere l’abitudine di leggere le etichette di tutto ciò che mangiamo perché gli ingredienti cattivi, o si nascondono dietro un ingannevole terminologia, o non sono tenuti ad essere elencati.
Nel 1999, The Independent ha pubblicato un articolo intitolato “l’edulcorante è fatto con batteri geneticamente modificati”, rivelando che la Monsanto ha aggiunto consapevolmente l’aspartame alle bibite che consumiamo (coca cola light, ecc), e che l’aspartame è composto da batteri geneticamente modificati. Questo rapporto, che rimane una delle prime rivelazioni sull’aspartame fatte da un giornale mainstream, ha ricevuto poca attenzione dalla sua pubblicazione (probabilmente perché le sue implicazioni sono state sottovalutate al momento) ed è caduto a lungo nel dimenticato.
Dal 1999, il mondo è diventato un pò più attento nei confronti di Monsanto e dell’aspartame, ma l’ignoranza ancora abbonda sulla genesi di quest’ultimo. Sempre più persone stanno iniziando a risvegliarsi riguardo gli effetti distruttivi dell’aspartame sulla nostra salute, ma sanno come in realtà è prodotto? Fortunatamente, un brevetto del 1981 per la produzione di aspartame è ora disponibile online (quindi chiunque può vederlo) e conferma tutto ciò che la Monsanto fu felice di dirci nel 1999, prima che la loro crescita fulminea rese necessaria una maggiore prudenza.
Il Processo Produttivo
Il brevetto, intitolato: “Processo per la Produzione di Aspartame”, riassume il processo nel seguente modo:
“Il dolcificante artificiale aspartame, un dipeptide con la formula Asp-Phe-me, viene prodotto utilizzando un micrcorganismo clonato (che merda). Un DNA che codifica la ripetizione della sequenza amminoacidica (Asp-Phe), viene inserito in un veicolo clonato che a sua volta viene introdotto in un microorganismo ospite adatto che lo accoglie. Il gruppo carbossilico gratuito del microrganismo è benzilato e poi idrolizzato per formare aspartame”.
Questo è un processo davvero inquietante:
1.) Microrganismi clonati, che il brevetto poi rivela essere geneticamente modificati, sono coltivati in vasche i cui ambienti sono su misura per aiutarli a prosperare.
2.) Vengono ben nutriti e così defecano le proteine che contengono il segmento amminoacido aspartico-fenilalanina necessaria per fare l’aspartame.
3.) Le proteine contenenti i segmenti di Asp-Phe sono ‘raccolte’ (vale a dire che gli assistenti di laboratorio raccolgono la merda dei batteri).
4.) La merda viene quindi trattata. Questo include un processo di metilazione (aggiunta di un eccesso di alcol tossico, metanolo).
Mentre il buon senso dovrebbe imporci che questo abominio non venga nemmeno lontanamente a contatto con i nostri corpi, gli autori del brevetto non facevano mistero della loro convinzione e cioé che l’aspartame costituisce un sicuro e nutriente dolcificante:
«L’aspartame non è solo più dolce del saccarosio, ma è preferibile come alimento al saccarosio. Mentre il saccarosio è poco energetico, l’aspartame è composto da aminoacidi, i mattoni delle proteine del corpo, e come altre proteine vengono suddivisi, tramite gli enzimi digestivi nello stomaco, nei suoi costituenti aminoacidi offrendo così valore nutritivo. [...] Per queste ragioni, l’aspartame detiene una significativa promessa in sostituzione dello zucchero come dolcificante”.
Quindi abbiamo un documento ufficiale che, non solo rivela la scioccante verità dietro la produzione di aspartame, ma ammette anche, e senza problemi, che è stato prodotto per il consumo di massa come sostituto del saccarosio. Pertanto, la prossima volta che qualcuno afferma che le riserve su questo dolcificante sono infondate, metteteli davanti a questo brevetto. La verità che si nasconde dietro l’aspartame è ormai esposta.
http://www.naturalnews.com/aspartame.html
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Bimbo autistico dopo vaccino obbligatorio, ma il ministero della Salute rifiuta indennizzo
Riconosciuto il nesso causa effetto. Il ministero prima ha ammesso il danno, poi ha sostenuto che la pratica per chiedere il risarcimento fosse stata presentata troppo tardi, infine che andavano i risarciti i danneggiati a partire da una sentenza del Consiglio di Stato
di Giuseppe PipitoneHa riportato danni gravissimi e permanenti dopo le vaccinazioni obbligatorie prescritte dalla legge, ma non sarà risarcito dal ministero della Salute. Tutto questo nonostante una sentenza del Consiglio di Stato inchiodi il dicastero di viale Ribotta alle sue responsabilità. È un vero e proprio dramma quello vissuto negli ultimi anni dalla famiglia Palazzolo di Terrasini, in provincia di Palermo. Un situazione terribile con tanto di amara beffa alla fine.
A raccontare la storia drammatica è Antonio Palazzolo, che ha diffuso un video sul web dal blog di Beppe Grillo “Mio figlio – racconta l’uomo è nato a febbraio del 2000. Dopo tre mesi dalla nascita abbiamo fatto la prima vaccinazione, e poi in seguito tutte le altre fino ad arrivare alla terza vaccinazione del febbraio del 2001, quando stava compiendo un anno”. Un passo importante la vaccinazione dei bambini, che tutte le famiglie italiane sono obbligate a fare dato che è previsto dalla legge, e che prevede la somministrazione dei vaccini anti Difterite, Tetano e Pertosse. Solo che da quel febbraio di dodici anni fa, la vita del piccolo Palazzolo cambia per sempre. “Da quel momento – continua a raccontare il padre - ci furono una serie di conseguenze di salute molto rilevanti: il bambino fu ricoverato in ospedale in preda alle convulsioni e alla febbre. Ci siamo rivolti al pediatra e al centro di vaccinazione ma ci dicono di non preoccuparci e continuare il protocollo di vaccinazione e così facciamo fino al febbraio del 2004”. A quel punto,però, la situazione del piccolo Palazzolo è già compromessa dato che presenta gravi regressioni delle abilità già acquisite da neonato: se appena nato reagiva in modo corretto a certi stimoli, a tre anni d’età quelle reazioni erano svanite.
“Decidemmo di fare una visita neuropsichiatrica – dice il signor Palazzolo - la diagnosi parlava di gravissimo deficit cognitivo con disturbo pervasivo dello sviluppo”. Tradotto: il bambino presenta gli stessi medesimi sintomi dell’autismo. Un caso molto strano dato che nelle cartelle cliniche compilate subito dopo la nascita non c’è nessun indicazione che lasci presagire questo sviluppo drammatico della crescita. È per questo che i genitori non demordono, e decidono di iniziare delle indagini cliniche. “Su alcuni siti statunitensi – dice il signor Palazzolo – scopriamo che può esserci una connessione tra i problemi di nostro figlio e i vaccini obbligatori”. Nel frattempo analisi approfondite rivelano anche altro: si scopre che il piccolo è intossicato da metalli pesanti e che ha il sistema immunitario completamente distrutto. C’è però una legge, la numero 210 del 1992, che prevede un risarcimento per chi ha subito danni permanenti dopo le vaccinazioni obbligatorie. Da quel momento per la famiglia Palazzolo comincia un lungo iter giudiziario per tentare di dimostrare come il loro bambino non sia nato autistico, ma ci sia diventato dopo i vaccini somministrati per legge. Il nesso causale tra la condizione del bambino, diventata ormai patologica, e le vaccinazioni viene riconosciuto, come previsto dalla legge, dalla commissione medica dell’Ospedale Militare del territorio. La stessa commissione però nega il risarcimento al piccolo Palazzolo, perché la domanda non sarebbe stata presentata entro i tre anni previsti dalla legge, nonostante nel frattempo venga scritto nero su bianco come la grave patologia sia stata provocata dai vaccini.
I genitori però sostengono di essersi accorti del danno procurato dalle vaccinazioni, soltanto dopo alcuni anni e di essere quindi entro i termini di legge: presentando le cartelle cliniche con tanto di data ottengono la verifica positiva degli stessi medici del Ministero. Che però nel frattempo fa un passo indietro cancellando il nesso di causalità già sancito dalla commissione medica. Per la commissione sanitaria dell’ospedale il bambino si sarebbe ammalato a causa dei vaccini, ma le pratiche per il risarcimento sarebbero state presentate in ritardo, mentre per il Ministero è vero esattamente il contrario: un corto circuito burocratico che richiede un parere del Consiglio di Stato.
La sentenza arriva nel settembre 2011: il ministero ha sbagliato ad occuparsi di nesso causale. Quindi è vero che il piccolo Palazzolo si è ammalato a causa delle vaccinazioni obbligatorie, e i suoi genitori hanno presentato le pratiche per il risarcimento in tempo. Toccherebbe quindi al ministero della Sanità provvedere a riparare il danno fatto. E invece ecco l’ennesimo colpo di scena: il ministero ammette l’errore, annuncia di cambiare iter dopo la sentenza del febbraio 2011, ma non intende risarcire i casi precedenti alla sentenza del Consiglio di Stato. È questo il senso della risposta fornita dal sottosegretario alla Salute Paolo Fadda all’interrogazione del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati. “Gli Uffici competenti del Ministero della salute – scrive Fadda - appena acquisito il citato parere del Consiglio di Stato, hanno da quel momento, modificato l’espletamento dei criteri di valutazione delle istanze, adeguando gli stessi alle nuove indicazioni del Consiglio di Stato. Decidendo nel contempo di non dover rivedere anche i provvedimenti di rigetto assunti precedentemente a tale parere”. Indignata invece la reazione di Giulia Di Vita, esponente dei 5 Stelle: “Siamo esterrefatti – dice – approfondiremo ulteriormente il caso: vogliamo conoscere i numeri delle pratiche simili al caso di Terrasini, non vorremmo scoprire che dietro tutto questo possano esserci mere ragioni economiche, non è sulla pelle dei cittadini più svantaggiati che si risparmia”. Da questo momento quindi tutti i casi simili a quello della famiglia siciliana verranno risarciti. Chi invece ha chiesto il risarcimento prima del 2011, non avrà diritto a nulla. Una decisione probabilmente corretta in punta di diritto. La giustizia è forse un’altra cosa.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
martedì 5 novembre 2013
Coca Cola e Coca Cola Light, così puoi scegliere tra obesità e cancro !!

Coca Cola e Coca Cola Light, così puoi scegliere tra obesità e cancro !!
La Coca Cola sta tentando
di ripulirsi la coscienza (o meglio, di ricostruirsi un po’ la
facciata) con prodotti pseudo light e green.
Negli Stati Uniti ha esordito di recente una pubblicità, promossa da quest’ultima, che punta a far apparire il gruppo Coca Cola interessato alla tutela della salute dei consumatori.
Lo spot in questione vorrebbe sensibilizzare le persone su un problema come quello dell’obesità, una malattia molto diffusa nel mondo e in particolare nell’America del nord. Chiediamoci il perché.
La multinazionale delle bibite gassate è stata più volte accusata da nutrizionisti e medici di commercializzare prodotti che causano gravi problemi alla salute: ricchi di zuccheri e caffeina provocano alterazioni metaboliche, malattie cardiovascolari, diabete e obesità.
Nel tentativo di ripulire immagine e coscienza, ha ideato questo spot che non fa altro che sfruttare un grave problema di salute, per cui le persone passano una vita terribile e muoiono anche, per lanciare nuove bibite dietetiche contenenti zero zuccheri in modo da apparire più etica e non perdere clienti tra le persone sovrappeso o che addirittura soffrono di obesità.
L’ennesima vile mossa di mercato per incrementare le vendite, poco importa se i profitti che ne derivano sono fatti sulla pelle delle persone.
Le grandi corporazioni in generale ci hanno dimostrato più volte di commettere azioni tra le più ignobili pur di aumentare i propri guadagni. Ma giocare così spudoratamente con patologie che condizionano la vita di una persona, oltre che essere un comportamento da condannare, è anche sintomo di disperazione da parte della Coca Cola, che evidentemente teme un crollo delle vendite.
La strategia di mercato che sta cercando di attuare punta ad accaparrarsi quelle persone che la compagnia stessa ha contribuito a fare ammalare… ma alle bibite dietetiche, senza zuccheri e caffeina, vengono aggiunte sostanze dal dubbio effetto:
Negli Stati Uniti ha esordito di recente una pubblicità, promossa da quest’ultima, che punta a far apparire il gruppo Coca Cola interessato alla tutela della salute dei consumatori.
Lo spot in questione vorrebbe sensibilizzare le persone su un problema come quello dell’obesità, una malattia molto diffusa nel mondo e in particolare nell’America del nord. Chiediamoci il perché.
La multinazionale delle bibite gassate è stata più volte accusata da nutrizionisti e medici di commercializzare prodotti che causano gravi problemi alla salute: ricchi di zuccheri e caffeina provocano alterazioni metaboliche, malattie cardiovascolari, diabete e obesità.
Nel tentativo di ripulire immagine e coscienza, ha ideato questo spot che non fa altro che sfruttare un grave problema di salute, per cui le persone passano una vita terribile e muoiono anche, per lanciare nuove bibite dietetiche contenenti zero zuccheri in modo da apparire più etica e non perdere clienti tra le persone sovrappeso o che addirittura soffrono di obesità.
L’ennesima vile mossa di mercato per incrementare le vendite, poco importa se i profitti che ne derivano sono fatti sulla pelle delle persone.
Le grandi corporazioni in generale ci hanno dimostrato più volte di commettere azioni tra le più ignobili pur di aumentare i propri guadagni. Ma giocare così spudoratamente con patologie che condizionano la vita di una persona, oltre che essere un comportamento da condannare, è anche sintomo di disperazione da parte della Coca Cola, che evidentemente teme un crollo delle vendite.
La strategia di mercato che sta cercando di attuare punta ad accaparrarsi quelle persone che la compagnia stessa ha contribuito a fare ammalare… ma alle bibite dietetiche, senza zuccheri e caffeina, vengono aggiunte sostanze dal dubbio effetto:
- Aspartame: già al centro di numerose accuse, usato appunto in molti alimenti ritenuti dietetici, aumenta il rischio di contrarre tumori, linfomi, leucemie;
- Ciclamato di Sodio: sospetto cancerogeno, vietato in America, ma il cui utilizzo in Italia è ancora permesso;
- Acesulfame K (edulcorante): un altro dolcificante artificiale che può causare diabete e iperglicemia.
- Lattina: 38 gr di zucchero, pari a 140 Kcal;
- Bottiglia da 1 litro: 102 gr di zucchero, pari a 374 Kcal;
- Bottiglia da 2 litri: 217 gr di zucchero, pari a 780 Kcal.
Una scelta molto semplice che ogni persona può fare per se stessa e per il Pianeta è quella di evitare certi marchi, certi prodotti.
Non consumando bevande del gruppo Coca Cola ne guadagnerà la tua salute e quella dell’ambiente che ci circonda! Finanzia questi ultimi due aspetti e non una multinazionale che lucra sulla pelle della gente!
Bevande del gruppo Coca Cola vendute in Italia:
SPRITE – FANTA – BURN – NESTEA – MINUTE MAID – POWERADE – BELTÉ – AQUARIUS – ACQUE LILIA, SOLARIA, VIVIEN, SVEVA, TOKA (Gruppo Fonti del Vulture)
SPRITE – FANTA – BURN – NESTEA – MINUTE MAID – POWERADE – BELTÉ – AQUARIUS – ACQUE LILIA, SOLARIA, VIVIEN, SVEVA, TOKA (Gruppo Fonti del Vulture)
lunedì 4 novembre 2013
SAPETE DAVVERO COSA CONTIENE IL CIBO DI MCDONALD'S?

Da un'indagine condotta dall'Efsa (European Food Security Authority), ecco i principali (e sottolineiamo, i principali, quindi non tutti) additivi nocivi utilizzati da McDonald's nei suoi prodotti, con tanto di rischi correlati all'uso:

Fonte: earthriot.altervista.org
mercoledì 16 ottobre 2013
35 milioni di morti l’anno! Cocaina? Sigarette? Droga? No, zucchero bianco!
Lo zucchero
raffinato è tra i maggiori imputati dell’insorgere di quelle che vengono
definite come malattie del benessere: diabete, obesità, problemi legati
al metabolismo, ipertensione, danni a livello del fegato. Secondo studi
recenti lo zucchero raffinato sarebbe da considerare tra le cause che
ogni anno provocano la morte di 35 milioni di persone, con particolare
riferimento al diabete ed alle malattie cardiocircolatorie
La presenza
dello zucchero è del 14% nella canna, del 17,20% nella barbabietola,
insieme a clorofilla, microelementi e minerali. In questa concentrazione
e composizione, lo zucchero, è un alimento di alto valore nutrizionale
poiché contiene in forma organica molte sostanze nutritive necessarie
alla vita.
Alimento che
assumiamo in modo alterato attraverso dolci, caramelle, bevande
commerciali, conserve, liquori, prodotti salati, ecc, è il prodotto
finale di una lunga trasformazione industriale (circa 9 lavaggi
chimici!) che uccide e sottrae tante sostanze vitali, come le vitamine
presenti appunto nella barbabietola o nella canna da zucchero.
Le sostanze
zuccherine sono alimenti importantissimi della nostra dieta poiché
rappresentano la fonte primaria per la produzione di energia necessaria
all’organismo e per questo motivo devono essere completi di tutto ciò
che la natura ha loro fornito per cedere al nostro corpo, la loro
ricchezza.
Perché lo zucchero bianco, è una sostanza nociva?
Lo scienziato
Dr. M.O. Bruchner, specialista delle malattie interne, primario
dell’ospedale Eben Ezer, LemgoLippe, (Germania), dopo diverse ricerche
scientifiche sostiene che l’uomo necessita di carboidrati “zuccheri” per
la sua attività vitale, quali fattori di energia. Di conseguenza viene
da pensare: lo zucchero è uno degli alimenti più favorevoli per produrre
energia, insieme ad altri zuccheri derivati da farina bianca come pane,
pasta, riso, patate. Gli zuccheri industriali, quindi le farine bianche
come pure lo zucchero d’uva, il fruttosio, l’aspartame, il saccarosio
per esempio fabbricati sinteticamente, nel corpo agiscono ben
diversamente.
Per la loro
decomposizione e disposizione necessitano delle stesse vitamine,
sostanze minerali ed enzimi come tutti gli zuccheri di frutta e amidi
naturali, ma questi ultimi contemporaneamente li forniscono, mentre gli
altri ne privano il corpo (andando a pescare nelle ossa, nelle
cartilagini, nelle strutture tendinee ecc.) impoverendolo da un lato e
disorientando le sue funzioni dall’altro. Purtroppo la scienza ha sempre
voluto trascurare questo problema che è alla base di molte malattie a
carattere infiammatorio autoimmunitario.
Dove passa lo
zucchero che distrugge, arriva la medicina che tenta di riparare curando
gli effetti del diabete, del colesterolo, della pancreatite, della
iperglicemia ecc. Il consumo abituale dello zucchero bianco distrugge in
gran parte le vitamine del gruppo B. La vitamina B1 d’altro canto è
necessaria per l’assimilazione dei carboidrati.
La vitamina B
Quanto più zucchero viene introdotto, tanto maggiore è il fabbisogno di Vitamina B1, poiché esso l’asporta, causando:
Lesioni ai tessuti nervosi; dato l’alto fabbisogno di vitamina B1, essi perdono assai presto la loro capacità di funzionamento.
La vitamina B1
permette, in presenza di magnesio, la così importante decomposizione
dell’acido lattico (prodotto di degradazione del glicogeno [glucosio
immagazzinato]). Per mancanza di vitamina B1 aumenta il contenuto di
questi acidi nel sangue e nei tessuti e ne sono soprattutto coinvolte l’
attività cerebrale e cardiaca.
La B1 regola il giusto scambio dell’insulina nel corpo. La sua carenza è causa di diabete.
La carenza di
B1, causa inoltre una modifica nell’economia fosforica (ricordo che il
fosforo è un minerale molto importante ai fini di molti processi
metabolici) e un’elaborazione insufficiente del glucosio, che si
manifestano con malattie cardiache croniche.
La B1, regola
lo scambio dell’albumina (proteina del plasma prodotta dal fegato che
regola in un certo senso i liquidi cellulari e le varie pressioni
all’interno della cellula) e dei nuclei cellulari. La sua presenza
abbatte gli stadi preliminari dell’acido urico prevenendo malattie
degenerative come gotta, artrite ecc.
La carenza di B1 causa anormalità nella pressione del sangue, e nella sudorazione.
La B1 è
necessaria per la sintesi degli acidi grassi essenziali (i famosi Omega 3
– Omega 6), che hanno il potere di arrestare l’arteriosclerosi.
La carenza di
B1 causa disturbi nella formazione dell’acido cloridrico (prodotto per
la digestione) nello stomaco, l’affievolimento e la degenerazione della
muscolatura intestinale ed anche la degenerazione dei vasi sanguigni
capillari, con conseguenti dilatazioni, ed emorragie.
La carenza di
B1 fa sentire il bisogno di stimolanti come alcool, carne, caffè, tè,
cioccolato, tabacco, poiché determina l’indebolimento degli effetti
stimolanti dell’adrenalina.
Questi sono soltanto degli effetti più gravi causati dalla carenza di vitamina B1.
Spesso a stati
carenziali metabolici come i problemi relativi al calo delle difese
immunitarie, il medico dietologo, integra l’alimentazione con le
vitamine del gruppo “B”, ma non consiglia al paziente di “abolire” lo
zucchero bianco e limitare l’uso delle farine bianche; è come dire
all’obeso di continuare a mangiare come fa di solito ma con la sola
eccezione di mettere la saccarina nel caffè oppure consigliare
l’aspirinetta o altro “come per esempio il doppler alla carotide” al
cardiopatico che divora ogni giorno quantità ingenti di cibo e magari
sta morendo!
Ma non è
finita… La carenza di vitamina “B” causa disturbi nell’assimilazione
degli zuccheri, crampi e ostacola pure la formazione dei globuli rossi,
poiché i composti del ferro sono male utilizzati. Gli occhi non
distinguono i colori e perdono la potenza visiva all’imbrunire; spesso è
ostacolato il normale sviluppo del feto, con conseguenti malformazioni,
accorciamento delle ossa delle braccia e delle gambe, della mandibola,
fusione delle dita e delle costole, fenditure del palato e persino
aborti, parti prematuri e nati morti.
Consideriamo
inoltre ciò che può ancora causare lo zucchero quale distruttore
dell’Acido Nicotinico, altro membro del gruppo delle vitamine B. Esso
aiuta a promuovere le ossidazioni, vale a dire la combustione e la
scomposizione dei prodotti intermedi del ricambio, degli zuccheri.
Inoltre esso è di aiuto nell’utilizzazione dei grassi e delle proteine,
nella trasformazione di sostanze minerali e degli ormoni, e partecipa in
modo determinante alla respirazione cellulare, vale a dire allo scambio
di assunzione dell’ossigeno e di eliminazione dell’acido carbonico
nelle cellule (un prodotto del metabolismo cellulare).
Vanno ancora
aggiunti come effetti nocivi all’uso abituale di zucchero bianco i più
svariati quadri morbosi, fra cui: stanchezza, insonnia, debolezza
nervosa, stati depressivi, mal di testa, disturbi nel ritmo del sonno,
facile sudorazione, crampi e intorpidimento delle estremità, debolezza
muscolare, inappetenza o bulimia (appetito insaziabile), stitichezza,
atonia gastrica e intestinale, assenza di succhi gastrici, bruciori di
stomaco, dismenorree (mestruazione dolorosa), metrorragie (perdita di
sangue di origine uterina), aborti e parti prematuri, disturbi cardiaci e
circolatori, anemia, disfunzioni ghiandolari, pruriti, infiammazioni
della lingua, delle gengive e della laringe. ecc.
Lo zucchero raffinato ci sottrae anche l’acido pantotenico facente parte del gruppo “B”
La sua mancanza
blocca addirittura l’effetto delle altre vitamine e ostacola la giusta
rigenerazione del sangue e delle mucose. L’acido pantotenico agisce
inoltre quale epatoprotettore (protettore del fegato) e aiuta la
funzione della tiroide. I bruciori ai piedi e alla pianta dei piedi, con
dolori passeggeri, fulminei agli arti inferiori, combinati ad
arrossamento o colore bluastro della pelle, come pure la formazione
della forfora sono, altri sintomi di carenza di questa vitamina. Lo
zucchero raffinato per poter essere utilizzato sottrae inoltre anche
altre vitamine e sostanze minerali importanti tra le quali vitamina E,
H, con possibili altri danni causati da queste carenze.
Come viene prodotto lo zucchero bianco?
Meno di due
secoli fa lo zucchero bianco non esisteva e l’unica fonte dolce, oltre
al miele e alla frutta, era rappresentata dallo zucchero di canna
integrale importato dai tropici. Come conseguenza delle guerre
napoleoniche, l’Europa smise di importare lo zucchero dalle Americhe.
Napoleone ebbe allora la brillante idea di estrarre lo zucchero dalla
barbabietola. Essendo il prodotto dell’estrazione poco gradevole al
gusto, si completò l’opera con un processo di raffinazione il quale,
come avviene anche per la farina bianca, provoca la perdita di vitamine e
minerali producendo una sostanza chimica pura e morta, ma bianca.
Il succo
zuccherino proveniente dalla prima fase della lavorazione della
barbabietola o della canna da zucchero, viene sottoposto a complesse
trasformazioni industriali: prima viene sottoposto a depurazione con
latte di calce che provoca la perdita e la distruzione di sostanze
organiche, proteine, enzimi e sali di calcio; poi, per eliminare la
calce che è rimasta in eccesso, il succo zuccherino viene trattato con
anidride carbonica.
Il prodotto
quindi subisce ancora un trattamento con il velenosissimo acido
solforoso per eliminare il colore scuro e successivamente viene
sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e
centrifugazione. Si arriva così allo zucchero grezzo.
Da qui si passa
alla seconda fase di lavorazione: lo zucchero viene filtrato e
decolorato con carbone animale e poi, per eliminare gli ultimi riflessi
giallognoli, viene colorato con il colorante blu oltremare o con il blu
idantrene (proveniente dal catrame e quindi cancerogeno). Il prodotto
finale è una bianca sostanza cristallina che non ha più nulla a che fare
con il ricco succo zuccherino di partenza e viene venduta al pubblico
per zuccherare (avvelenare) gran parte di ciò che mangiamo.
Che cosa è
rimasto del primo succo scuro ricco di vitamine, sali minerali, enzimi,
oligoelementi che avrebbero dato tutto il loro benefico apporto, di
energia e di salute? Nulla! Anzi, per poter essere assimilato e
digerito, lo zucchero bianco ruba al nostro corpo vitamine e sali
minerali (in particolare il calcio e il cromo) per ricostituire almeno
in parte quell’armonia di elementi distrutta dalla raffinazione. Le
conseguenze di tale processo digestivo sono la perdita di calcio, nei
denti e nelle ossa, con l’indebolimento dello scheletro e della
dentatura. Ciò favorisce la comparsa di malattie ossee (artrite,
artrosi, osteoporosi, ecc.) e delle carie dentarie che affliggono gran
parte della civiltà occidentale.
Cosa provoca il tossico zucchero bianco a livello intestinale?
A livello dello
stomaco del pancreas e del duodeno provoca quello che tutti i giorni o
quasi riscontro a studio: processi fermentativi con produzione di gas e
tensione addominale e l’alterazione della flora batterica con tutte le
conseguenze che ciò comporta (coliti, stipsi, diarree, formazione e
assorbimento di sostanze tossiche, ecc.).
Come faccio ad
asserire questo? Semplice, chiedo alle persone che si sottopongono ai
miei trattamenti il loro stile alimentare e puntualmente mi confermano
che adottano un’alimentazione “zuccherina”! Quindi questo prodotto così
trasformato è necessario alla buona salute?
È stato
ampiamente verificato che le popolazioni non raggiunte dalla cosiddetta
“civiltà bianca” non sono soggette a carie o altre malattie dei denti.
Con l’arrivo dei bianchi e dei loro prodotti alimentari raffinati
(zucchero, dolciumi, alcool, pane, pasta…), gli aborigeni
dell’Australia, i Maori della Nuova Zelanda, gli Indios del Perù e
dell’Amazzonia, i Pellerossa del Nordamerica ecc. hanno anch’essi
cominciato ad essere soggetti alle stesse malattie dei bianchi;
l’incidenza della carie, che prima era una malattia a loro del tutto
sconosciuta, è arrivata a colpire fino al 100% cosi come le altre
malattie dell’organismo dall’artrite reumatoide all’osteoporosi, alle
malattie autoimmuni ecc ecc.
Il pericoloso
zucchero bianco ha una grossa influenza sia sul sistema nervoso sia sul
metabolismo, creando prima stimolazione poi depressione. In realtà si
crea una vera forma di dipendenza, come avviene con la droga, a tutti
gli effetti! Ciò è causato dal rapido e violento assorbimento dello
zucchero nel sangue che fa salire la cosiddetta glicemia. Di fronte a
tale subitanea salita, il pancreas (l’organo per eccellenza che gestisce
gli zuccheri) risponde immettendo insulina nel sangue e ciò provoca una
brusca discesa del tasso glicemico detta “crisi ipoglicemica”
caratterizzata da uno stato di malessere, sudorazione, irritabilità,
aggressività, debolezza, bisogno di mangiare per sentirsi di nuovo su di
tono (il classico stato down che avverte il tossicodipendente). La
conseguenza di questa caduta degli zuccheri è l’immissione in circolo,
da parte dell’organismo, di altri ormoni atti a far risalire la
glicemia.
Questi continui
“stress” ormonali con i loro risvolti psicofisici determinano un
esaurimento delle energie con l’indebolimento di tutto l’organismo e
impoverimento del sistema immunitario.
Quando mangiamo
50 gr. di zucchero bianco, la capacità fagocitaria dei globuli bianchi
si riduce del 76% (ossia la capacità di questi organi a combattere le
infezioni) e questa diminuzione del sistema di difesa dura circa 7 ore.
Le gravi malattie che oggi affliggono l’umanità (cancro, AIDS, sclerosi,
malattie autoimmuni, ecc.) nascono proprio da un indebolimento
immunitario del quale lo zucchero bianco e l’alimentazione raffinata
sono senz’altro tra i maggiori responsabili. I danni dello “squisito
veleno” bianco sono tanti altri ancora e a tutti i livelli, per esempio,
circolatorio (con l’aumento di colesterolo e danni alle arterie),
epatico, intestinale, ponderale (con l’aumento di peso e l’obesità),
cutaneo ecc., ecc. Ipotizziamo, ad esempio, di bere quattro tazzine di
caffè zuccherato nell’arco della giornata: 40 g di zucchero
corrispondono a 160 kcal che noi assumiamo come calorie vuote, prive di
vitamine e minerali. Sarebbe molto diverso se le stesse 160 kcal le
assumessimo sotto forma di riso integrale avena, orzo, miglio, o frutta
dove risulterebbero accompagnate da fibre, enzimi, vitamine e sali. Se a
questi primi 40 g di saccarosio aggiungiamo biscotti o marmellata o
brioche o corn-flakes per colazione, un bel bicchiere di una qualche
bibita gassata a pranzo, un gelato o uno snack al cioccolato o una
brioche al pomeriggio, il gioco è fatto. Non dimentichiamoci però le
salse (ketchup, maionese, cocktail…), i cibi inscatolati (piselli,
mais), gli aperitivi: anche loro contengono saccarosio nascosto. Se
sommiamo tutto questo zucchero, senza esagerare, arriviamo addirittura a
500 kcal. Ciò significa che delle 2000 kcal circa che dovremmo
quotidianamente introdurre, solo 1500 sono rappresentate da cibi veri e
propri, il resto sono calorie vuote, con una carenza del 25% circa del
fabbisogno giornaliero di vitamine e minerali.
L’uomo moderno,
di fronte agli zuccheri ma anche ai grassi, assume un atteggiamento
pressoché identico a quello dell’uomo preistorico. Anticamente l’umanità
viveva alla ricerca continua di cibo con cui sfamarsi e il reperimento
di frutta matura o di un favo di miele veniva vissuto come un’occasione
da non lasciarsi sfuggire: di fronte a tali leccornie l’atteggiamento
era quello di sfruttarle al massimo, rimpinzandosi per bene così da
accumulare più energia possibile, in previsione di tempi di magra. La
mente e il corpo dell’uomo del ventunesimo secolo non sono cambiati
molto e di fronte a torte farcite, brioche alla crema e dolci al
cioccolato ragioniamo e ci comportiamo esattamente nello stesso modo:
nasce dentro di noi un desiderio incontrollabile che ci spinge a grandi
abbuffate nel tentativo di farci delle scorte, come se un’altra
occasione non dovesse capitarci mai più e dimenticando che la nostra
dispensa è colma di altrettante schifezze. Per chi ha occhi per vedere,
orecchie per sentire, nonché un cervello che funzioni, tutto questo
dovrebbe essere sufficiente per portarlo a riesaminare le sue abitudini
“dolcificanti” e a correggerle per una vita migliore.
Alternative
allo zucchero raffinato: La Melassa, il succo d’Agave, lo sciroppo
d’Acero, il Malto d’Orzo, l’Amasake, la Stenia, il Miele, Lo Zucchero di
Canna Integrale e non Raffinato.
Autore: Dott. Giuseppe Pensieri
D.O. Osteopata M.R.O.
Laureato in Scienze Motorie e Sportive
Specialista in Prevenzione e Rieducazione Università di Roma
(IUSM) Italian University Sports and Moviment
Fonte: avisnovara.it e altre
Fonte: http://curiosity2013.altervista.org/35-milioni-morti-lanno-cocaina-sigarette-droga-zucchero-bianco/
sabato 28 settembre 2013
Vivisezione: è arrivata al capolinea
Di Vanna Brocca
La vivisezione moderna è nata nel 1800 in Francia con fisiologo Claude Bernard, che tra l’orrore di moglie e figlia sperimentava anche sul cane di casa.
Ma per chi segue l’argomento, le due date cruciali da tenere a mente
sono il 1937 e il 1947: fu allora, in quei due anni a cavallo della
Seconda Guerra mondiale, che la sperimentazione animale trovò la spinta
politica che le serviva per radicarsi estesamente nella pratica di laboratorio,
nei bilanci della grande industria e nel senso comune delle società
occidentali. Ed è a quegli anni che bisogna guardare per capire in che
modo e perché la ricerca medica e
tossicologica si sono inavvertitamente cacciate nel vicolo cieco in cui
si trovano oggi. Lo racconta un bel rapporto intitolato Il Codice di Norimberga,
da leggere e rileggere anche per la ricchissima bibliografia che lo
correda, appena pubblicato a firma di tre medici e ricercatori
americani: Ray Greek (presidente di Americans for Medical Advancement), Annalea Pippus (laureata in legge e psicologia) e Lawrence Hansen (nella top list del Journal of Alzheimer Disease per il suo contributo alla ricerca nel campo delle neuroscienze, materia che insegna alla University of California-San Diego School of Medicine di La Jolla).
La storia che ricostruiscono Greek e colleghi comincia nel 1937, quando
negli Stati Uniti morirono 107 persone cui era stato somministrato un
sulfamidico disciolto nel glicol etilenico, oggi più noto come
ingrediente dei prodotti antigelo. Tali furono la paura e lo scandalo
che in pochi mesi Washington promulgò una nuova legge, lo Us Federal Food, Drug and Cosmetics Act, che prescriveva di testare i farmaci sugli animali prima di commercializzarli.
Teatro degli eventi del 1947 fu invece l’aula del tribunale di Norimberga, dove gli Usa istruirono unprocesso contro 23 dirigenti di lager nazisti,
20 dei quali medici, chiamati alla sbarra non solo per aver gestito i
campi di concentramento nel modo che sappiamo ma anche per aver eseguito
una spaventevole serie di esperimenti sui prigionieri dei campi: per
studiare gli effetti del freddo, dell’altitudine, delle bruciature da
fosforo, del tifo, della malaria, del trapianto di ossa, dei
sulfamidici. Questo “Processo ai dottori” (da
non confondere con il primo e più noto processo a Goring, Hess e altri
gerarchi nazisti tenutosi, sempre a Norimberga, qualche mese prima) si
concluse con 7 assoluzioni, 9 condanne al carcere e 7 all’impiccagione.
Ma il suo frutto più corposo e duraturo fu un codice di principi etici
noto come Codice di Norimberga,
che indica con quali criteri va fatta (o non fatta) la sperimentazione
medica sull’uomo. E il cui assunto di fondo, lo stesso che informava lo Us Federal Food, Drug and Cosmetics Actamericano di dieci anni prima, era che sperimentare sugli animali fosse una alternativa vincente.
Non è così, ma in quegli anni non era facile rendersene conto. ”All’epoca dei processi di Norimberga” – scrivono Greek e colleghi – “le conoscenze mediche erano assai differenti da quelle che abbiamo oggi. La struttura del Dna non
era ancora stata spiegata, l’idea principale nella mente di chi
lavorava allo sviluppo di nuovi farmaci era quella, concepita da Ehrlich
e Salvarsan, di un proiettile magico (l’idea
che per ogni malattia, o quanto meno per ogni malattia infettiva,
esiste una sostanza chimica capace di interagire con il singolo sito
responsabile della malattia, e quindi di curarla senza danneggiare il
resto dell’organismo), la sintesi moderna dell’evoluzione era una teoria
nuova di zecca e gli animali e gli esseri umani sembravano essere più o meno identici,
a parte l’anima, caratteristica esclusiva dei secondi. Non si
realizzavano trapianti di organi, le malattie infettive erano ancora una
delle principali cause di morte nel mondo sviluppato, i settori
dell’etologia cognitiva e della cognizione animale non erano ancora nati
e non si erano ancora scoperte le differenze tra i gruppi etnici e tra i
sessi in relazione alla malattia e alle risposte ai farmaci. La fisica
cominciava allora a liberarsi dalle catene del determinismo e del
riduzionismo, ma la teoria del caos e della complessità erano di là da
venire”. Era, insomma, un mondo diverso. Perciò “Va scusato chi, negli
anni Quaranta, pensava che gli animali e gli esseri umani reagissero più
o meno allo stesso modo ai farmaci e alle malattie”.
Oggi queste scuse non valgono più. Le nuove conoscenze nel campo della
biologia evoluzionistica, della fisica, dell’etologia, le teorie del
caos e della complessità, la critica al determinismo e al riduzionismo
fanno piazza pulita di quelle certezze. Si è scoperto, per esempio, che
tutti i mammiferi possiedono sì più o meno gli stessi geni (grosso modo
si potrebbe costruire qualsiasi mammifero con i geni di un altro), ma
che la diversa espressione e regolazione di questi geni inevitabilmente
determina grandissime e imprevedibili differenze tra una specie e l’altra,
a cominciare dagli enzimi che metabolizzano i farmaci: “Enzimi diversi
metabolizzano farmaci diversi, metabolizzano gli stessi farmaci a
velocità diverse e formano metaboliti diversi, ognuno dei quali
influenza la tossicità e il dosaggio”.
Ecco spiegato come mai l’aspirina (Per_aspirin_ad_astra.. )- rimedio
miracolo per un’infinità di esseri umani da oltre cent’anni –
danneggia, uccide o rende malformi la maggior parte dei piccoli delle
specie animali. Ecco perché l’arsenico è velenoso per l’uomo ma innocuo per rospi, pecore e porcospini; perché gli scimpanzé non si ammalano di Aids, Epatite B e malaria; perché il cloroformio è innocuo per i ratti di sesso maschile ma cancerogeno per i ratti femmina…Ed ecco perché di
tutti i farmaci sperimentali che hanno successo sugli animali, il 96%
deve essere scartato nei successivi test clinici sull’uomo perché
tossico o inefficace o entrambe le cose (sì, avete letto bene:
il novantasei per cento). Il Rapporto di Greek, Pippus e Hansen è ricco
di spunti, esempi e spiegazioni di grande interesse e rimando alle sue
pagine chi vuole approfondire l’argomento, come pure al delizioso video
clip realizzato da The Magic Collectionintitolato Vivisezione: alcuni dati.
Ora, di nuovo all’avanguardia, gli Stati Uniti hanno
preso coscienziosamente atto della situazione avviando un progetto
rivoluzionario il cui scopo è portare al superamento della
sperimentazione animale, giudicata inaffidabile e dunque inutile, a
partire dal settore della tossicologia.
E’ un piano destinato a concludersi tra una dozzina d’anni o più: tanti
ce ne vorranno – calcolano – non solo e non tanto per mettere a punto i metodi sostitutivi (molti
dei quali esistono già o sono in via di realizzazione) quanto per
creare una nuova generazione di ricercatori e sperimentatori liberi dai
vecchi pregiudizi, capaci di utilizzare i nuovi mezzi di ricerca.
Immersa in un sonno catacombale, colpevolmente disattenta e ignara degli anni che passano e della conoscenza che si rinnova, l’Unione europea, invece, chiude gli occhi e prega che nessuno se ne accorga. La Direttiva 2010/63/UE sulla
sperimentazione animale, approvata dal parlamento di Strasburgo tre
anni fa, è un penoso collage di articoli tagliati a misura del grande
business della vivisezione: incapace di guardare avanti, indifferente
all’ecatombe di esseri viventi che si consuma in un fiume di denaro
senza costrutto. Negli Stati Uniti sono le grandi istituzioni
scientifiche a proclamare la necessità di una svolta radicale, per la
protezione della nostra salute e dell’ambiente. Da noi con la raccolta
di firme per l’Iniziativa europea Stop Vivisection,
tocca ai singoli medici, scienziati e cittadini dei 28 Stati Europeo
alzare la bandiera del progresso etico e scientifico, per chiedere alle
istituzioni di Bruxelles di farsi coraggio ed entrare anch’esse nel
terzo millennio, riscrivendo una direttiva che fa vergogna.
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